MERCOLEDI' SANTO - I "Variceddi"

Dopo la processione della Real Maestranza che ha animato le ore mattutine della giornata, il Mercoledì Santo prosegue con un altro momento molto caro ai nisseni: la processione dei piccoli gruppi statuari che racconta la passione di Gesù, le "Varicedde" cioè le Vare piccole.
Altro non sono che, nella maggior parte dei casi, delle fedeli copie in miniatura delle sedici Vare del Giovedì Santo, con l' aggiunta di altri tre momenti della passione, che portano a 19 le scene raffigurate.
Il termine Varicedda, tipico del dialetto nisseno, indica il diminutivo di Vara, proprio per sottolineare la dimensione più ridotta di queste vare rispetto ai gruppi del Giovedì Santo.
Le Varicedde, o meglio "i Variceddi", sono in gran parte opera dell'artista nisseno Salvatore Capizzi, altre, invece, sono state costruite dagli scultori Emma di San Cataldo.
Sia nei tempi che nel percorso la processione assomiglia a quella dell indomani; però, quella del Giovedì Santo conserva proprie caratteristiche che difficilmente si riscontrano in quelle della processione del Mercoledì Santo, processione che ha altro carattere; si tratta infatti di qualcosa di più semplice.
Le Varicedde furono costruite con diverso tipo di materiale, primo tra questi la terracotta, con cui sono state fatte mani, teste e piedi dei personaggi; il legno servì invece per lo scheletro d'ogni struttura, mentre i panneggi sono realizzati in cartapesta.
Ognuna delle Varicedde è affidata a privati cittadini che, con grande sforzo ed entusiasmo, ne curano la manutenzione e la conserva gelosamente nella propria abitazione per tutto l'anno.
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I Piccoli Gruppi
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La prima Varicedda, quella che apre la processione, è "La Cena"; è stata costruita dal Capizzi nel 1958, appartiene alle famiglie Bella e Bruno. La scena rappresenta il momento in cui Gesù, durante l'ultima cena, pronuncia le parole: "qualcuno di voi mi tradirà", e tutti gli apostoli si chiedono tra loro chi potrà mai essere colui che compirà questo gesto.
È molto simile alla Vara del Giovedì santo, sia nella composizione dei personaggi che nelle loro espressioni. Nel tavolo sono disposti alimenti veri: piccole forme di pane, piccoli mandarini (ad imitazioni delle arance) e piccoli carciofi (ad imitazioni della lattuga). La Varicedda è sormontata da un portico a 7 archi, realizzato in legno; nella Vara Grande il portico che pure era presente, è stato tolto nel 1886 per alleggerire il peso ed evitare collisioni con i balconi delle stradine strette, e a differenza di questo aveva 5 archi.








La seconda Varicedda è "L'orazione nell'orto", venne costruita dal Capizzi nel 1952 ed appartiene alla famiglia Riggi Leonardo.
Pur essendo una delle più piccole per numero di personaggi, è ugualmente una delle più ben fatte.
La Varicedda rappresenta il momento in cui Gesù è intento a pregare nell' orto degli ulivi e un angelo, sceso dal cielo per consolarlo, gli porge il calice della passione e con l' altra mano indica il cielo come per dire che quel calice è il volere di Dio.
La tradizione vuole che vi sia collocato un vero ramo d'ulivo alle spalle del gruppo, che rende il quadro più realistico e naturale.













Questo stesso particolare si riscontra nel gruppo che segue, "La Cattura", che venne costruita dall' Emma nel 1939, ed appartiene alle famiglie Archetti e Miraglia.
Rappresenta il momento in cui Gesù nell'orto degli Ulivi viene catturato.
Giuda, il traditore, è nell' atto di baciare le guance del Nazareno, due soldati romani assistono alla scena mentre un Giudeo sta per catturarlo con una fune.










"Il Sinedrio" è uno dei gruppi che ha un maggiore numero di personaggi; ne comprende infatti ben dodici. Fu costruita da Salvatore Capizzi nel 1947, appartiene alla famiglia Riggio Francesco.
È ispirato al quadro "Il Consiglio di Caipha", un tempo conservato nella chiesa Santa Maria degli Angeli.
I personaggi di questo gruppo risultano poco più piccoli di quelli delle altre Varicedde, ma rimane comunque una delle più belle, sia per la fattura, curata nei minimi dettagli, che per le espressioni di ogni figura. Rappresenta il momento in cui Gesù viene interrogato dagli anziani del tempio; Caipha, il sommo sacerdote, è rappresentato con la mitra in testa e un medaglione con dodici pietre preziose e sotto un baldacchino di colore porpora scuro.
Gli altri personaggi sono i componenti del Sinedrio, che in mano hanno la pergamena sulla quale è espresso il loro giudizio sulla colpevolezza o innocenza di Gesù.







"La Flagellazione" è stata costruita da Salvatore Emma nel 1946, appartiene alla Famiglia di Alfonso Farruggio, affettuosamente chiamato don Fofò. Negli anni '70 purtroppo, questa Varicedda è stata restaurata con colori che hanno causato diversi problemi alla struttura del gruppo.
Soltanto nel 2000 è stata accuratamente restaurata, ritornando alla sua bellezza originale.
Gesù è al centro, legato ad una colonna, mentre due flagellatori, uno con la mazza e l'altro col flagello, percuotono le sacre carni.
Un giudeo, chinato per terra, intreccia la corona di spine, mentre un soldato romano sta a guardare se la punizione verso il nazareno venga eseguita.


"Ecce Homo" è il primo vero gruppo costruito dal Capizzi che, dopo aver dato prova della sua abilità, ebbe affidata la costruzione di gran parte delle altre Varicedde. Appartiene alla famiglia Riggi Vincenzo.
Rappresenta la scena in cui Gesù viene mostrato alla folla da Pilato che lo presenta con l'espressione "Ecce Homo", cioè Ecco l'Uomo.
Quattro personaggi, che rappresentano il popolo, sono sotto una balconata, hanno tutti l' indice alzato come per dire: "Crocifiggilo".
Riuscitissimo è l'atteggiamento dell' altero soldato posto sul balcone dietro a Gesù e Pilato.
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Il settimo gruppo è denominato "La Condanna", è uno dei due gruppi realizzati da Giuseppe Emma, figlio di Salvatore, autore delle altre Varicedde.
Appartiene alla famiglia Russo Michele. Pilato è rappresentato sotto un ricco baldacchino mentre si lava le mani in una bacinella portata da un paggio.
Gesù sta davanti a lui legato e controllato da due soldati.
Un membro del tribunale legge la sentenza mentre un centurione, posto dietro Pilato, indica la via del Calvario.






Per quanto riguarda la Varicedda de "La prima caduta", si ritenne per tanto tempo dei Biangardi e soltanto negli ultimi tempi si è scoperto che fu realizzata nel 1924 da Salvatore Emma.
Appartiene ai Fratelli Corvo.
Rappresenta Gesù cade che lungo la via del Calvario. Gesù, dal bel volto, sta a terra, un giudeo solleva con dispetto la croce, mentre un soldato romano percuote Gesù con la lancia.
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"Gesù incontra la madre" non ha alcuna Vara corrispondente nel Giovedì Santo.
Fu costruita da Giuseppe Emma nel 1987, appartiene alle famiglie Salvatore e Marco Iacono.
Questa Varicedda è tratta da un preziosissimo quadro di Raffaello che si conserva gelosamente nel museo diocesano dei beni culturali di Caltanissetta.
La scena si svolge sulla via del Calvario, dove Gesù cade una seconda volta. Qui incontra la Madre che sta al suo fianco, porgendogli le mani, mentre le altre pie donne la trattengono; sembra che la vogliano portare via da Gesù e che non soffra più a vederlo così. La pia Marta, con la mani giunte, assiste alla scena guardando con compassione. Tre Giudei dallo sguardo inutilmente crudele fanno da contorno a questa scena di profonda commozione.
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"Il Cireneo", è stato costruito da Salvatore Emma nel 1924, appartiene alla famiglia Di Giovanni Lucio.
Questa Varicedda è quella che ha le statue di scala più piccola in confronto alle altre.
Gesù, alzatosi dalla caduta, viene aiutato da un uomo, Simone di Cirene, che tiene da un' estremità la croce.
Un Giudeo che percuote il Cristo ed un soldato romano completano la scena.
L'immagine di essa è stata riprodotta nel 2000 su un francobollo commemorativo delle poste italiane.

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"La Veronica", è stata costruita da Salvatore Capizzi nel 1949, appartiene alla Famiglia Paolillo Francesco Salvatore.
Gesù è caduto una terza volta ed una buona donna, chiamata appunto Veronica, gli asciuga il volto rigato di sangue.
Ella è rappresentata davanti a lui con in mano il candido velo recante impressa l' effige del Nazareno.
In scena ci sono un giudeo che percuote il Cristo ed un soldato romano che, quasi disturbato da quell'incontro, sembra gridare di andare avanti.
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"Lo Spoglio" è stato costruito dal Capizzi nel 1955 ed ideato in una sola notte per accontentare un devoto. Appartiene alle famiglie Gioè e D'Oca.
Gesù, prima della crocifissione, viene spogliato da due Giudei.
In scena c'è un soldato romano che indica a Giuseppe e Nicodemo, posti dell'altra parte della scena, di appendere il cartello con su scritto "I.N.R.I." sulla croce che è ancora per terra.
Non ha alcuna Vara corrispondente tra quelle del giorno dopo, anche se anticamente, prima del 1893, c'era una delle Vare del Giovedì Santo che raffigurava lo spoglio di Gesù, ma da quell'anno non venne più portata in processione perché non era tale da essere affiancata alle opere dei Biangardi.
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Anche "Gesù è inchiodato sulla croce" non fa riferimento ad alcuna Vara grande e risale appena al 1995, quando venne costruita dai fratelli Emma.
Appartiene alla famiglia Cimino Calogero.
Due Giudei stanno inchiodando Gesù alla croce.
Un membro del sinedrio ha in mano il cartello con su scritto INRI, mentre un soldato romano sta li a guardare che la punizione venga eseguita.
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"Il Calvario" è stato realizzato nel 1924 da Salvatore Emma ed appartiene alla famiglia Gervasi.
Gesù è sulla croce col capo reclinato sul petto. Maddalena cinge la croce con le braccia, mentre la Madonna, Maria di Cleofe e Giovanni, con gli occhi bagnati di lacrime, fissano la croce, santificata dal martirio del Divino Maestro.
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Segue il Calvario, il gruppo de "La Deposizione", l'unico gruppo che appartiene alla famiglia dell'autore, Salvatore Capizzi.
Intorno agli anni trenta era un altro il gruppo che veniva condotto in processione; in seguito, essendo molto piccolo, venne rinnovato dal Capizzi nel 1965, e sostituito con l'attuale gruppo che certamente è uno dei più pregevoli del punto di vista artistico, maestoso e imponente, ma dolce ed armonioso nello stesso tempo. Gesù in questa Vara viene calato dalla croce: a compiere questo pietoso rito sono Giuseppe, Nicodemo, Maria Giovanni e due Giudei, che sono arrampicati simmetricamente su delle scale appoggiate alla croce; tutti a sostenere il martoriato corpo di Gesù.
Ad assistere alla scena, sono in basso Maria Maddalena, che accarezza i piedi del Cristo, e Maria di Cleofe.















"La Pietà" venne costruita nel 1924 da Salvatore Emma, appartiene alla famiglia Lo Dico.
Gesù, dopo essere stato schiodato dalla croce, viene affidato alla Madre, Maria, che lo tiene teneramente sulle gambe.
La Maddalena, in ginocchio, tiene tra le sue le mani del Cristo mentre Giovanni, in disparte, assiste alla scena. Dietro vi è la croce da cui pende la sindone.
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"La Traslazione" venne costruita dal Capizzi nel 1954 ed appartiene alle famiglie Fonti e Vinniro.
Rappresenta la scena in cui il corpo di Gesù viene portato al sepolcro.
Maria, Giovanni, Giuseppe e Nicodemo sorreggono con cura il lenzuolo su cui è adagiato il corpo di Gesù.
La Maddalena invece, è raffigurata in disparte, come disorientata.
Tutti hanno un volto sofferente, in particolare risalta la pietosa figura di Maria che risulta in una postura diversa rispetto alla Vara del Giovedì Santo; curvandosi verso il basso, infatti, fissa con dolore le martoriate carni del figlio.
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"La Sacra urna" venne costruita dal Capizzi nel 1956, appartiene al Cavaliere Stefano Urso e alla sua famiglia.
Con questo gruppo, si vuole dare come un'anticipazione della resurrezione.
Gesù, coperto da un sottile velo, è dentro un' aurea urna, finemente lavorata in legno e ricoperta da sottilissimi e preziosi strati di oro zecchino.
A sormontare l' urna è collocato un Angelo che reca in mano un nastro con su scritto in latino: "Sarà il suo sepolcro glorioso", un altro segno del profondo messaggio che conserva questa Varicedda.
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L'ultimo gruppo è "L'Addolorata" che venne costruita dal Capizzi nel 1934 ed appartiene alla famiglia Cimino Lorenzo.
Non ha una vara uguale tra quelle del Giovedì Santo, infatti la Vara grande andò distrutta in un disastroso incendio nel 1905 e si salvò solo parte della statua della Madonna che tutt' ora, integrata del corpo, sfila in processione.
Il Capizzi, per la costruzione di questa Desolata, si ispirò alla vara grande che un tempo sfilava in processione.
Al centro della scena sono ammucchiati i principali segni della passione: la croce, la sindone, i flagelli, la corona di spine, la veste di Gesù.
A guardare questi terribili segni è Maria, vestita di un manto nero, con un fazzoletto tra le mani.
A consolarla in questo pianto è un bel serafino dalle ali dorate, che reca in mano un nastro che recita: "Magna est velut, mare contritio tua", cioè, la tua tristezza è grande come il mare.
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La processione
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Sin dal primo pomeriggio le Varicedde si sistemano in vari punti della città e vengono addobbate con fiori e luci per la sera. All' imbrunire, accompagnati dale bande musicali, tutti i gruppi si riuniscono in Piazza Garibaldi, seguendo la stessa disposizione delle Vare più grandi.
Intorno alle venti inizia la loro processione, accompagnata da numerose bande musicali; predominante è la presenza di bambini e ragazzi che aprono la via ad ogni simulacro, reggendo candele, ceri e i tradizionali "bilannuna". C'è un' atmosfera di festa e di gioia che rafforza il clima dell'attesa del giorno successivo, quando entreranno in scena le Vare, simbolo della Settimana Santa Nissena.
La processione, che segue lo stesso itinerario del Giovedì Santo, termina a notte inoltrata nella stessa piazza da dove ore e ore prima era iniziata e, dopo i fuochi d'artificio, le Varicedde abbandonano la piazza tra il fumo dei bengala.
Da qualche anno, dopo la processione, le Varicedde vengono collocate nell'atrio del Palazzo Comunale, dove restano in mostra sino al Lunedì dell'Angelo.
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Origini e Storia
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LE PRIME "VARICEDDE" DEL 1800
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Spesso c'è chi confonde le origini di questa processione con quella delle Vare, ma le due celebrazioni sono ben distinte.
Le origini della processione delle Varicedde si possono far risalire intorno alla metà del 1800, quando un privato nisseno si fece costruire in miniatura le quattordici Vare dell' Alesso che sfilavano il Giovedì Santo; le esponeva a casa sua per tutto il giorno e al tramonto uscivano portate a palma di mano da alcuni uomini in saio bianco e, al ritmo d'imponenti tamburi, percorrevano qualche tratto del centro storico.
Questa manifestazione, che durò pochissimi anni, venne presto abolita.
Successivamente, alla fine dell' 800, un gruppo di ragazzi costruì in miniatura qualcuna delle attuali Vare del Giovedì Santo; con quei gruppi, che erano molto più grandi di quelli precedenti, ripristinarono la processione delle Varicedde.
Il Mercoledì Santo venivano addobbate con fiori e luci nell'atrio dell' ex ospedale "Fatebenefratelli" e al tramonto venivano portate in piazza Garibaldi, da dove partiva la processione, che seguiva le stesse vie della processione del giorno successivo.
Precisamente nel 1901 questa processione venne presa seriamente in considerazione dalle amministrazioni politiche e religiose della città, tant'è che quell' anno, prima della Settimana Santa, la città era stata riempita da manifesti per pubblicizzare questa processione.
Nel 1902 si portarono le Varicedde in maniera ancora più solenne, vennero ritoccate e rese più belle.
Non se ne sanno le ragioni, ma anche questo tentativo di ripristino andò nuovamente a cadere; infatti la processione fu presto abolita.
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1924: LA PROCESSIONE CON GLI ATTUALI GRUPPI
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Dopo diversi anni di stasi, intorno all'anno 1924 si ripristinò la vecchia processione serale del Mercoledì Santo, per opera dei giovani garzoni di bottega e di quanti rimanevano esclusi dalle manifestazioni della Settimana Santa.
Le nuove Varicedde sono opera del restauratore locale Salvatore Capizzi, altre invece sono state commissionate allo scultore Giuseppe Salvatore Emma di San Cataldo.
I primi anni le Varicedde erano sei o sette; poi, di anno in anno, numerose famiglie ne commissionarono altre, aggiungendole alla processione, fino ad arrivare nel 1995 al complessivo numero di diciannove Varicedde, aggiungendo, oltre a delle fedeli copie delle Vare del Giovedì Santo, altri tre momenti delle Passione: Gesù che incontra la madre sulla via del Calvario (che fu costruita da Giuseppe Emma, figlio di Salvatore nel 1987), Gesù che viene spogliato dalle vesti prima della crocifissione (del Capizzi, 1955) e Gesù che viene inchiodato nella croce (realizzato nel 1995 dai fratelli Emma, figli di Giuseppe).
Di anno in anno la processione delle Varicedde ha assunto un valore sempre più importante per i nisseni, grazie a quanti si sono adoperati per mantenere viva questa tradizione che ormai si tramanda da diverse generazioni.
Col passare del tempo, così come per la processione delle Vare, tanti sono stati i cambiamenti; l' illuminazione per esempio, che anticamente era data dalle fiammelle di acetilene, adesso è per lo più elettrica. Poi il trasporto; sino a svariate decine d'anni addietro le Varicedde venivano portate in processione "a spalla" da ragazzini, mentre oggi sono collocate su carrelli e spinte a forza di braccia, cosi' come i Gruppi del Giovedì Santo.
Nel 1994 è stata fondata un Associazione denominata "Associazione Piccoli Gruppi Sacri", che da diverso tempo si occupa con entusiasmo di organizzare la festa, ed è la promotrice di diverse manifestazioni che mirano a diffondere l' amore per queste tradizioni.
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- Testo tratto da "I Riti della Settimana Santa a Caltanissetta" di Francesco Miceli.
- Foto tratte dalla serie di cartoline realizzate dalla Associazione Piccoli Gruppi di Caltanissetta.
** Sento il dovere di esprimere tutta la mia riconoscenza al carissimo amico Walter Lo Cascio per avermi concesso di pubblicare su questo sito gran parte del suo materiale fotografico sulla Settimana Santa di Caltanissetta.